La strada di Levi - Davide Ferrario

La strada di Levi - Davide Ferrario - 2006 - 92'

Era da tanto che volevo vedere questo film, per un motivo o per l'altro mi era sempre sfuggito, complice senz'altro la pigrizia mammuthiana. Ebbene, ha confermato e ribaltato le attese. Mi aspettavo un film più sfilacciato e creativo, e quindi per me enormemente più piacevole. Mi aspettavo un piccolo film, che sfruttasse la sua marginalità innata. Ché perso per perso, vale sempre la pena osare. Invece, a queste cose non ci penso mai in principio, è un film compatto, con un'idea fortissima perseguita costantemente, fino alla fine. Senza quasi mai digressioni; o meglio, le digressioni sono inserite nel racconto, un racconto incredibile, assolutamente inverosimile, doloroso perché insensato. Dice che è successo davvero. Questa cosa, in un film così, emerge, si innalza sopra ogni cosa. Forse è la prima volta in cui l'eccesso didascalico non mi sembra di troppo. O almeno, in cui l'eccesso didascalico trova realmente una giustificazione, perfino nella sciattezza della grafica, nelle ripetizioni. L'idea di fare un viaggio del genere, senza alcuna possibilità reale di controllarne la rotta, mi ha realmente commosso. In questo è un film riuscito.


In questo fotogramma del film si vede parte del percorso, poi si completa, il film lo illustra bene, tornando finalmente a Torino. Levi ci ha messo poco meno di un anno per percorrere tutta questa strada, ma il tempo per fare tutta questa strada è infinito nella coscienza e nella memoria di un uomo. E questa immagine è dolorosissima, straziante. La guerra è finita, finite le persecuzioni, ma non si torna a casa. Si può impazzire.
Questa è la potenza del film, che si conserva, intatta, nonostante il racconto poi parli quasi sempre d'altro. Perché, ed è l'altro tema portante del film, lo specchio del viaggio di Levi è adesso il paesaggio dei paesi ex comunisti. Il film, tutto il film, è talmente chiaro, lineare, piano, da far rinunciare subito a qualsiasi interpretazione macchinosa. La strada di Levi è come si presenta: la riproposizione del viaggio di Levi attraverso parte dell'Europa per tornare a casa. In questa volontà d'ingenuità, in questa scoperta vocazione alla chiarezza c'è del coraggio. 
Il limite, i limiti del film non vanno quindi individuati nella linearità del racconto, o nel didascalismo di fondo costante, ma piuttosto nell'interpretazione di alcuni degli avvenimenti raccontati. I paesi dell'ex blocco sovietico forse non meritavano questo trattamento così superficiale. La condanna del passato comunista è comprensibile, ma un minimo di approfondimento in più, nelle immagini, o anche nell'approccio didascalico seguito in tutto il film, avrebbe giovato. Soprattutto alla luce dello scopo del film, che è inequivocabilmente quello di "istruire". E allora perché non insistere su questa linea? Perché rinunciare a spiegare meglio cos'è stato vivere in Ucraina, per esempio, negli anni della costruzione del paesaggio che ci viene mostrato? Senza questo approfondimento, resta una denuncia inattaccabile e stonata, che non riesce ad aggrapparsi alle immagini devastate che vediamo. E, dispiace dirlo, perché il film è bello, ma l'intermezzo comico con la censura bielorussa ci poteva essere risparmiato ampiamente. 
La scelta di usare poco materiale di repertorio e in particolare la straniante camminata di Levi in visita ad Auschwitz denota grande sensibilità; quella di far recitare a Orsini alcuni passi de La tregua mostra invece poco orecchio. Quella voce, nel contesto de La strada di Levi, non c'entra nulla, è posticcia come Shakespeare, recitato da Orsini, in un film di Nino D'angelo. E soprattutto si sente male. 
In un paio di punti la lacrima scappa anche a me che con i film non piango mai, ma il film non è mai ricattatorio. Per fortuna è lontanissima l'idea de La vita è bella. Qui tutto è limpido e duro, e quello che non si capisce, a parte la voce di Orsini, è solo l'orrore di una storia incredibile, che sembra aliena. 
Non so se il film è stato girato già con l'intenzione di mostrarlo nelle scuole, probabilmente questo pensiero non è stato del tutto estraneo. E le scuole sono in effetti il migliore pubblico possibile per La strada di Levi. In una scuola, un film così, regala davvero uno sguardo diverso, la possibilità di abbracciare più decenni di storia in poco tempo, senza il ricatto del film su Auschwitz, ma con una chiarezza esemplare. Dà l'opportunità di scoprire un modo diverso di fare cinema, con umiltà, qualche errore, ma con umiltà; di scoprire meglio due scrittori, ché nel film c'è anche Rigoni Stern, triste e camminatore, che cerca di regalare la montagna a Levi. Mai a scuola ho visto un film così, e le mie letture, i miei pensieri sarebbero stati migliori se l'avessi fatto.
Qualche foto trovata.






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